Cenni Storici
Citato da Plinio con il nome di Irziola, detto dal volgo "Inzolia vranca" per distinguerlo dall'"Inzolia nigra", viene descrtto anche da Cupani (1696) e da Sestini (1760).
Pare ormai assodata, pur nella scarsa precisione delle fonti scientifiche al riguardo, l'origine siciliana del vitigno Inzolia.
L'approdo sull'isola sarebbe molto antico, forse da ricondursi al periodo della dominazione normanna nel Mediterraneo orientale.
Di qui si sarebbe diffuso in epoca successiva, dapprima in Sardegna e poi sul continente, in particolare in Toscana dove, restano fedele
alla vocazione isolana, avrebbe trovato una patria d'elezione sull'isola d'Elba e in misura minore sull'isola del Giglio.
Il termine Inzolia è riservato alla sola versione siciliana del vitigno che sul continente assume il nome di Ansonica.
Di questa varietà, citata ampiamente nel Settecento da Sestini e Goethe, esistevano in passato moltissime varianti utilizzate sia per
la vinificazione sia per la produzione di uva da tavola.
Inzolia di Palermo, inzolia Moscatella, Inzolia di Lipari. Si incontravano anche alcune versioni a bacca nera, Inzolia Nera, Inzolia Nera di Randazzo,
Inzolia Imperiale.
In realtà è sempre difficile capire quando si tratta effettivamente di varianti clonali del vitigno e quando la medesima varietà assume un diverso nome
in base alla zona di coltivazione.
Oggi l'Inzolia è tra i vitigni a bacca bianca, più diffusa in Sicilia, dopo il Catarratto e il Trebbiano.
Da alcuni decenni è vinificato in purezza da molte aziende affermate nel mondo un'immagine dinamica dell'enologia isolana.
In passato il suo impiego per la preparazione del Marsala e di numerosi Vermut non ne aveva fatto cogliere fino in fondo le grandi potenzialità,
oggi messe in luce anche da ricerche clonali, studi e da una rinnovata attenzione scientifica, ne hanno evidenziato tutte le caratteristiche vitivinicole.
Ultimamente, grazie alle nuove ricerche molecolari sul DNA, gli sono state attribuite affinità con i vitigni greci "Rhoditis" e "Sideritis".